Gli strumenti storici

Gli spazi del museo ospitano una nutrita collezione di strumenti a tastiera della più varia tipologia, fattura ed epoca. Si tratta di fortepiani e pianoforti (a tavolo, verticali e a coda), più di una decina di harmonium, un clavicordo, un clavicembalo e due organi.

L’organo positivo (Gaetano Aveta, Napoli, 1833), attualmente conservato nell’Aula Magna del Dipartimento, presenta un prospetto dal profilo a serliana tipico degli strumenti napoletani. È stato attribuito e datato durante il seminario svolto nel giugno 2003 nell’ambito del corso di Conservazione e Restauro degli Strumenti Musicali. In quella occasione l’organaro Carlo Dell’Orto ed alcuni studenti hanno effettuato il parziale smontaggio dello strumento. Sul primo ventilabro è stata individuata la scritta “G. A. 1833” seguita da una croce uncinata; l’indagine bibliografica lasciava qualche dubbio sullo scioglimento della sigla del costruttore, ma l’autorevole parere offerto dal compianto Oscar Mischiati ha portato alla certezza che l’organo sia opera del napoletano Gaetano Aveta. Il seminario è stato anche occasione di pubblico dibattito sui criteri dell’auspicato restauro dello strumento, recuperabile all’uso fonico senza interventi distruttivi.
Grazie al contributo della Fondazione Banca Popolare di Cremona e della Fondazione Comunitaria della Provincia di Cremona nel 2009 è stato finalmente portato a termine il restauro dello strumento, ad opera della Bottega Organara “Dell’Orto Lanzini”. Carlo Dell’Orto e Massimo Lanzini sono stati disponibili ad effettuare smontaggio e montaggio dello strumento nell’ambito del corso di Conservazione e restauro degli strumenti musicali, offrendo nuovamente agli studenti un’importante opportunità didattica.
Dopo i lavori di restauro del palazzo, l’organo è stato nuovamente revisionato e parzialmente rintonato da Daniele Giani ed è ora perfettamente funzionante.

Nella stessa sala è ospitato anche il clavicembalo ispirato al costruttore italiano Giusti costruito da William Horn.
Costruttore: Giovanni Battista Giusti, Lucca 1681
• Dimensioni: cm 220 x 95 x 20 (FF-f3) – cm 200 x 87 x 20 (C-f3)
• Estensione: FF-f3 (61 note) ; C-c3 (54 note); altre estensioni a richiesta.
• Estensione originale: C/E-c3 (45 note).
• Disposizione: una tastiera, due registri 8’8′, liuto.
• Corista: la = 415 Hz, trasponibile a più/meno un semitono (440/392 Hz).
• Materiali costruttivi: cassa e fregi interni in tiglio, coperchio in abete listellare, fondo e tavola armonica in abete della Val di Fiemme, tastiera in abete ricoperta in bosso ed ebano, registri e ponticelli in faggio, salterelli in sorbo.

 

Nella Sala Tastiere Storiche è possibile ripercorre la storia del pianoforte, partendo con un English Piano Longman and Broderip. datato a1785 e opera di John Geib, personaggio d’estrema importanza. Lo strumento è dotato di meccanica a spingitore semplice (prellmechanik, o single pilot) e possiede tre registri, azionati a mano tramite leve a sinistra della tastiera, che corrispondono al forte per gli acuti, forte per i bassi e liuto.

Recentissimamente, nel settembre 2017, un raro Collard&Collard late Clementi databile al 1820-30 è stato donato dal dott. Luca Minguzzi e costituisce uno degli strumenti più significativi della collezione

Il pianoforte da tavolo (1860 circa) è uno dei primi costruiti a Lipsia da Julius Blüthner. L’elegante strumento in palissandro possiede una bellissima sonorità ed è forse il pianoforte di maggior pregio della collezione.
Nella stessa sala si trovano un clavicordo e un cembalo costruiti dalla casa fondata da uno dei pionieri della rinascita per gli strumenti storici, Arnold Dolmetsch (1858-1940).
Due harmonium di scuola tedesca e americana completano il panorama della sala.

Un pianoforte a coda Steinway , costruito ad Amburgo nel 1905, è collocato nella galleria antistante ed è spesso utilizzato per eventi concertistici. L’inaugurazione nella sua nuova veste, resa possibile grazie al generoso supporto della Fondazione Stauffer e al puntuale e non invasivo restauro curato da Alberto Mattarozzi, Marco Barletta e Gianluigi Alberti, risale al 10 aprile 2017.
Grazie al lascito Boschetto, la collezione annovera uno dei pochi pianoforti a coda Grotrian-Steinweg del 1912.