Cesare Lombroso
Cesare Lombroso (Verona, 6 novembre 1835 – Torino, 19 ottobre 1909) nacque in una famiglia israelita, strettamente osservante. Si laureò in medicina a Pavia nel 1858 con una tesi Sul cretinesimo in Lombardia. Dopo aver conseguito anche la laurea in Chirurgia, si arruolò volontario, come ufficiale medico, partecipando, nel 1862, alla campagna contro il brigantaggio in Calabria.
In questa occasione ebbe modo di assecondare i suoi interessi eclettici, compiendo osservazioni non solo di carattere medico ma anche antropologico ed etnologico.
L’anno successivo riprese i contatti con l’Università di Pavia e nel 1864 ricevette un incarico ufficiale per un corso di Clinica delle malattie mentali e antropologia. Nel 1867 venne nominato professore straordinario di Clinica delle malattie nervose e mentali.
Nel dicembre 1870, esaminando il cranio di un certo Giuseppe Villella “contadino sospetto di brigantaggio e condannato tre volte per furto”, notò una “fossa occipitale mediana” che doveva servire “a ricetto di un lobo mediano del cervelletto”. Lombroso si convinse che questa anomalia non fosse presente nel cranio degli individui normali, ma solo in quello “dell’uomo criminale”. Era l’atto di nascita dell’antropologia criminale, e della teoria dell’atavismo. Secondo Lombroso i delinquenti (e in misura minore gli alienati) erano portatori di caratteri ancestrali. Le tendenze criminali avevano quindi un carattere naturale perché dipendenti da un’organizzazione fisicamente e psichicamente inferiore.
Dopo una parentesi di lavoro alla direzione del manicomio provinciale S. Benedetto di Pesaro, cominciò a vivere con crescente disagio, a causa del clima ostile che si era creato all’Università di Pavia, in seguito a controverse questioni scientifiche che erano seguite alle sue ricerche sulla pellagra. Nel 1873 si trasferì nell’Università di Torino. Nella città piemontese riuscì a dare veste di museo alla sua collezione privata.