Storie di medici. La lotta antimalarica

Nel 1885 Camillo Golgi si dedicò allo studio della malaria all’epoca diffusa nella Pianura Padana, nella campagna romana, nella Maremma toscana, in Sicilia e in Sardegna. Trascorse un periodo a Roma, all’Ospedale Santo Spirito, lavorando con l’anatomo–patologo Ettore Marchiafava e l’igienista Angelo Celli che avevano confermato la scoperta di Alphonse Laveran sull’esistenza di un microrganismo ematofilo responsabile dell’infezione malarica.

Tornato a Pavia, Golgi proseguì le ricerche e fece due scoperte fondamentali per la patologia clinica della malattia. Riuscì infatti a descrivere le successive modificazioni morfologiche del plasmodio della malaria nel sangue dei malati di terzana benigna e di quartana, fenomeno che prese il nome di ciclo di Golgi, e identificò la relazione esistente tra il periodico accesso febbrile dei pazienti e la riproduzione del protozoo (legge di Golgi).

Grazie alle sue scoperte ottenne nel 1894 il premio Riberi dell’Accademia di Medicina di Torino e nel 1907 gli fu conferita la prestigiosa medaglia Mary Kingsley della scuola di medicina tropicale di Liverpool.

All’inizio del Novecento, in qualità di Senatore del Regno, si occupò di politica sanitaria antimalarica e, insieme a Guido Baccelli, promosse il congresso per la fondazione della Lega Nazionale contro la Malaria, tenutosi a Milano nel mese di ottobre 1909. Si dichiarò sostenitore della cosiddetta ‘bonica umana’ ossia delle terapie mediche continuative che miravano alla guarigione dei malati, secondo lui unico mezzo efficace nella lotta alla malattia, perché, disse, ogni malato «non solo danneggia sé stesso, ma è un costante pericolo per i sani come focolaio d’infezione nella società».

I suoi allievi Adelchi Negri e Aldo Perroncito si fecero promotori di importanti campagne di ‘bonifica umana’. Il primo ottenne buoni risultati in Lombardia, pur tra molte difficoltà a reperire i fondi necessari, il secondo fu responsabile di una campagna di bonifica nel sud della Sardegna, che coinvolse i minatori che prestavano servizio nei siti di Nebida e Masua.

Mortalità per malaria nel 1900. Cartina originale esposta al Museo Golgi dell’Università di Pavia
Le miniere di Porto Flavia a Masua, in Sardegna
Microfotografia che mostra il plasmodio che provoca la malaria nel sangue umano conservata al Museo per la Storia dell’Università