Piccola fiaba del lunedì. Mary Shelley ricorda un fatto oscuro, che nel suo libro ispira un cupo figuro…
1816. Pioveva, pioveva oltremodo tanto
quell’estate a Ginevra, non c’era scampo.
Cosa fare, come distrarsi da nubi e tenebre?
“Ci sono! Ognuno scriva una storia lugubre!”
disse Polidori, gran medico per Lord Byron.
Buona l’idea e divertente, tutti concordaron.
Mary sedette, sola, davanti alla pagina bianca;
e una figura immaginò arrancare stanca:
un uomo costruito da uomo, e il suo autore
era un dottore che si credeva creatore.
Subito del deforme infelice scrisse
e di certo la gara di racconti vinse!
Altri erano presenti, quelle sere,
scrittori e poeti fini, celebrità vere;
ma fu Mary, che prima mai aveva scritto
che rielaborò un pensiero suo afflitto.
Un ricordo di bambina in effetti aveva
di un medico italiano che esperimenti faceva.
Lo zio fu Galvani, che agiva sulle rane,
e che con tal Volta ebbe disaccordo immane:
Aldini, il suo nome; su cadaveri inanimati
voleva certo ottenere i risultati sperati.
Elettricità andava applicando ai morti,
cercando movimenti vivi nei loro corpi.
La mente immagazzina e ripropone,
e a volte scrivere è tentata guarigione.
Fu così, che Mary Shelley mise in inchiostro
Di Frankenstein dottore e del suo mostro.